Manipolazione vertebrale (thrust): istruzioni per l’uso.

Manipolazione vertebrale (thrust): istruzioni per l’uso.

La manipolazione vertebrale.

La manipolazione vertebrale, che viene definita anche con il nome di thrust (= spinta), è un approccio basato su una spinta ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA).

manipolazioneIl Glossary of Ostheopathic Terminology definisce la tecnica ad alta velocità e bassa ampiezza (HVLA: High Velocity – Low Amplitude), come “una tecnica osteopatica impiegante una forza terapeutica di breve durata che agisce su brevi distanze entro l’ampiezza di movimento anatomico di un’articolazione, e che impegna la barriera restrittiva in uno o più piani di movimento per indurre il rilascio della restrizione.

La manipolazione è una mobilizzazione passiva forzata che tende a portare gli elementi di una articolazione o di un insieme di articolazioni al di là del loro gioco abituale, fino al limite del loro gioco anatomico possibile. Consiste dunque per il rachide, quando lo stato di questo lo permette e lo richiede, nell’eseguire dei movimenti di rotazione, di lateroflessione, di flessione o di estensione, isolati o combinati, a livello del segmento vertebrale scelto (R.Maigne)”.

 

manipolazioneQueste tecniche di manipolazione variano per quantità, velocità, localizzazione e vettori di applicazione delle forze applicate. Vengono definite tecniche dirette, termine che si riferisce e al posizionamento dell’articolazione  per impegnare la barriera restrittiva ed alla successiva applicazione di una forza correttiva per superare questa barriera disfunzionale. Detto in poche parole, si porta l’articolazione verso la direzione nella quale si muove meno.

Quando si parla di manipolazione osteopatica (thrust), dopo un preciso ed attento posizionamento contro le barriere restrittive (“messa in chiave”) in tutti i piani, la forza finale è una spinta (thrust) rapida (alta velocità) e breve (bassa ampiezza). L’ampiezza è quella sufficiente per per superare la barriera restrittiva. Spesso nel momento in cui si applica la forza, si sento uno “schiocco”.

 

Lo schiocco o scroscio articolare.

Le articolazioni fanno rumore.  

Il rumore, o schiocco articolare, può accompagnare l’uso regolare dell’ articolazione e comparire quando il movimento articolare è indotto da un’operatore (Osteopata, Chiropratico, Fisioterapista) che tratta con una manipolazione un’area specifica.

manipolazioneIl rumore di schiocco, o scroscio articolare, che si produce durante la manipolazione vertebrale è un suono comune non solo agli osteopati, ma anche a chiropratici e fisioterapisti.
L’esatto meccanismo e l’origine di questo rumore  durante la manipolazione HVLA rimane relativamente sconosciuta (Cascioli et al 2003). La teoria predominante è ancora oggi il modello di cavitazione originariamente proposta da Unsworth nel 1971.

Spesso , ma non sempre, lo “schiocco”, fa prevedere il successo del trattamento. La produzione di rumore può essere solo il risultato del travaso incidentale delle forze del trattamento fino ad un’articolazione sopra o sotto la disfunzione d’interesse. Analogamente, la mancanza di “schiocco” udibile non significa che la barriera restrittiva non sia stata trattata con successo.

 

Per capire che cosa accade quando facciamo “schioccare” un’articolazione è necessario, in primo luogo, approfondire la conoscenza sulla natura delle articolazioni del corpo.

 

Il tipo di articolazioni che si può più facilmente fare schioccare sono le diartrosi.  Si tratta di due segmenti ossei che si rivolgono l’uno verso l’altro con le superfici articolari avvolte da una capsula articolare. All’interno della capsula articolare è presente un lubrificante, il liquido sinoviale, che serve anche come fonte di nutrimento per le cellule che producono e mantengono la cartilagine articolare. Il liquido sinoviale contiene dei gas disciolti, tra cui ossigeno, azoto e anidride carbonica.
 Le articolazioni più facili da fare schioccare sono quelle della dita della mano, più precisamente l’articolazione interfalangea e metacarpo falangea. Quando queste superfici vengono distratte, l’adesione viscosa e la tensione tra le superfici resistono alla loro separazione. Quando le forze di distrazione superano quelle di adesione, le superfici si separano rapidamente creando una pressione negativa. Questa pressione negativa, combinata alla velocità con cui le superfici si separano, possono creare una cavità di gas all’interno del liquido, quasi come un solido che viene fratturato (Chen et al 1992, Lung e Israelachvili 1991).

La vera causa dello schiocco articolare non è chiara. Una delle ipotesi è l’eventratio di gas nel liquido sinoviale con rottura della tensione superficiale del liquido e conseguente rumore di scroscio. Il movimento dell’articolazione viene subito dopo limitato dalla lunghezza della capsula articolare.

E’ anche possibile che questo rumore derivi dal rilascio delle aderenze dei legamenti articolari o che l’osso sia mandato fuori posto e torni con uno scatto in posizione neutra (ipotesi meno accreditata). Un’altra ipotesi è che sia causato dall’estroflessione della capsula articolare.

In definitiva, la relazione tra schiocco articolare e trattamenti manipolativi efficaci non è attualmente nota. In alcuni casi può essere necessario rassicurare le persone sul fatto che il rumore articolare non è né un segno di successo del trattamento, né indice dell’insorgenza di un problema.

 

Alcuni studi sull’argomento.

Uno dei primi studi su questo argomento fu di Roston e Haines, nel 1941 che, utilizzando delle radiografie dopo lo schiocco, ha messo in evidenza delle bolle di gas all’interno dell’articolazione che scompaiono dopo circa 20 minuti. Recentissimi studi (Kawchuk et al. 2015) hanno invece registrato, utilizzando delle RMN dinamiche, la formazione di queste bollicine in tempo reale durante una manipolazione dell’articolazione matecarpo falangea.
Questo gas liberato, che consiste principalmente (circa 80%) di anidride carbonica, aumenta il volume articolare dal 15 al 20%. L’evento non può riprodursi di nuovo fino a quando il gas non si ri dissolve nella componete del liquido sinoviale, questo spiega il motivo per cui non si può schioccare la stessa articolazione ripetutamente a distanza di breve tempo.

 

manipolazione

Ma come può il rilascio di una piccola quantità di gas causare così tanto rumore?

In realtà non esiste una risposta a questa domanda. Alcuni ricercatori hanno stimato i livelli di energia del suono utilizzando accelerometri per misurare le vibrazioni causate durante uno “schiocco” articolare. La quantità di energia coinvolta è molto piccola, nell’ordine di 0,1 milli-joule per millimetro cubo.
Riguardo alla “dannosità” del continuo ricercare lo sblocco con un gesto ripetuto, come se fosse un tic nervoso, in un studio  viene riportato il caso di una giovane paziente (30 anni) che soffriva di mielopatia da ernia cervicale atraumatica, sottoposta a discectomia di ernia cervicale e stabilizzazione vertebrale, che aveva l’abitudine di far schioccare autonomamente le vertebre cervicali. Gli autori (Ikeda et al. 2012) attribuiscono all’ipermobilità causata dal continuo auto-thrust (come un tic nervoso) della paziente, la degenerazione discale con erniazione e di conseguenza la fonte della mielopatia.

 

L’importanza della valutazione iniziale.

La chiave per eseguire in modo appropriato una manipolazione con la massima efficacia e con i minimi effetti collaterali è la capacità di fare un’attenta valutazione iniziale. Un inquadramento anamnestico è sempre il primo punto da cui partire, meglio se in seguito ad una visita medica. L’osteopata deve poi essere in grado di effettuare una corretta valutazione posturale statica e dinamica, associata ad una valutazione palpatoria. Solo in seguito a tutto ciò sarà in grado di scegliere l’approccio più idoneo, caso per caso.

In osteopatia si utilizza il termine di disfunzione somatica per descriver le aree di funzionalità compromessa o alterata delle componenti correlate del sistema somatico, identificate attraverso la valutazione palpatoria.

 

Il concetto di barriera.

Per comprendere meglio il tipo di disfunzione somatica gestibile con tecniche di manipolazione (HVLA), è necessario comprendere  il concetto di barriera. Il concetto di barriera si riferisce alla capacità di movimento di un’articolazione durante un movimento normale ed in presenza di una restrizione. Queste capacità di movimento vengono valutate durante la valutazione palpatoria nei termini di qualità e quantità di movimento.

Quando si muove attivamente un’articolazione in salute, durante una normale attività, il movimento termina alla sua barriera fisiologica. In un movimento passivo sarà invece la barriera anatomica a segnare il termine di movimento.

Nelle articolazioni sane sono presenti sia barriere fisiologiche che anatomiche.

Un movimento oltre il limite della barriera anatomica implica una soluzione di continuità delle strutture ossee o legamentose dell’articolazione.

Quando un’articolazione subisce una perdita di mobilità dovuta ad una disfunzione somatica si riscontra una “terza” barriera: la barriera restrittiva. La quantità di movimento con cui si raggiunge la barriera restrittiva è minore della quantità con cui si arriva alla barriera fisiologica o anatomica.

Uno degli obiettivi del trattamento manipolativo è aiutare il ripristino del movimento naturale, senza restrizione.

La qualità del movimento è una valutazione più fine, e si riferisce alla facilità di compiere un determinato movimento.

 

manipolazione Il trattamento manipolativo.

Una disfunzione somatica che mostra una meccanica alterata è come una porta che non si chiude bene; non è sub-lussata, fuori posto, slogata o dislocata. La causa è un fattore esterno o interno, che ha causato un’irritazione segmentale locale, sufficiente per creare un edema focale e gonfiore in una piccola area specifica. Questo a sua volta causa un irrigidimento delle strutture fasciali, mio-fasciali e capsulari di una o più articolazioni. La distorsione articolare produce un ipertono riflesso della muscolatura che attraversa l’articolazione, causando quindi una riduzione dell’ampiezza di movimento.

Il ripristino dell’ampiezza di movimento articolare determina il ripristino del normale input propriocettivo dall’articolazione ed il rilassamento riflesso dei muscoli che circondano l’articolazione.

L’approccio alla manipolazione prevede 4 aspetti fondamentali:

  1. il posizionamento iniziale;
  2. l’impegno e l’accumulo delle barriere;
  3. l’accumulazione delle forze;
  4. il thrust correttivo finale.

 

Il dosaggio del trattamento manipolativo.

Bisogna lasciare tempo all’organismo per rispondere al trattamento. Quanto più la persona è “disfunzionale”, tanto minore deve essere la dose. Le persone più anziane rispondono più lentamente rispetto ai giovani.

Il linea generale è comunque sconsigliato trattare lo stesso segmento più di una volta a settimana utilizzando tecniche di manipolazione articolare.

Se la stessa disfunzione somatica continua ripetersi, l’osteopata deve riformulare la sua valutazione. Il continuo trattamento attraverso manipolazioni articolari sullo stesso segmento, senza alcun miglioramento, è solo una strada verso l’iper-mobilità.

 

I benefici della manipolazione.

Se effettuate da professionisti preparati, le manipolazioni articolari (HVLA) sono di norma ben tollerate e molto efficaci. E’ l’approccio elettivo quando si affronta una disfunzione somatica con meccanica di barriera distinta e fissa. In genere la persona sperimenta una sensazione piacevole di sollievo immediato, con riduzione del dolore e maggior libertà di movimento.

 

manipolazionePrecauzioni e Controindicazioni.

Le maggiori riserve sull’utilizzo delle manipolazioni (HVLA) riguardano sicuramente il trattamento del rachide cervicale.

Esistono delle precauzioni e delle controindicazioni precise circa l’utilizzo di queste tecniche sul rachide cervicale.

Ad esempio, l’artrite reumatoide e la trisomia 21 (sindrome di Down), causano un’instabilità del legamento alare. La dislocazione del dente dell’epistrofeo associata a rottura o lassità del legamento traverso dell’atlante può causare una quadriplegia e addirittura la morte. Una malattia carotidea avanzata deve sempre imporre estrema attenzione. Anche un’insufficienza vertebro-basilare rappresenta una red flag al trattamento manipolativo, per cui è sempre opportuno eseguire dei semplici test discriminativi.

Le controindicazioni generali alle tecniche HVLA sono metastasi locali e soluzioni di continuità di ossa e/o legamenti.

L’eventuale e possibile apprensione del paziente è una controindicazione relativa, ma da considerare sempre in modo appropriato. Pur essendo considerate tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza, velocità e forza di spinta sono comunque modificabili, in relazione alle esigenze del paziente.

manipolazioneUn altro aspetto da valutare accuratamente è il rapporto costo/beneficio. Se il rischio di danneggiare il/la paziente supera il potenziale beneficio terapeutico, significa che la tecnica non è indicata. In questo caso si potranno scegliere tecniche di rilascio, indirette e dolci.

Il rischio maggiore però, dipende sempre e comunque dalla preparazione e dall’abilità dell’operatore. Una precisa raccolta anamnestica unita ad un’attenta valutazione (primaria e secondaria) sono la base di qualsiasi approccio, compreso quello manipolativo (HVLA).

 

Il Position Paper on Cervical Manipulation dell’American Osteopathic Association riferisce l’estrema sicurezza della manipolazione cervicale in generale.