Osteopatia: la Disfunzione Somatica

Osteopatia: la Disfunzione Somatica

La Disfunzione Somatica.

Negli anni, in ambito di terapia (o medicina) manuale, ci si è trovati di fronte a differenti definizioni relative all’entità che può essere sottoposta con successo ad un intervento manipolativo. Si è passati da definizioni quali lesione osteopatica, sublussazione chiropratica, perdita di gioco articolare, disfunzione articolare, blocco articolare e altri ancora. Attualmente il termine più in uso è quello di Disfunzione Somatica, con il quale si intende una funzionalità alterata o danneggiata dei componenti del sistema somatico in relazione tra loro. Tra questi vi sono le strutture scheletriche, artrodiali e miofasciali, oltre agli elementi viscerali, vascolari, linfatici e neuronali ad esse connesse.

disfunzione somaticaLa definizione classica per disfunzione somatica, piuttosto che “lesione osteopatica” è “restrizione di mobilità tissutale“. Ovvero un’alterazione emodinamica, neurovegetativa, ormonale ed umorale che si ripercuote sull’intero organismo.

La disfunzione somatica è una diminuzione della forza vitale in un tessuto vivente, espressa da una diminuzione della sua mobilità, della sua vibrazione, della capacità d’espansione e retrazione.

L’Osteopatia è la legge dello spirito, della materia e del movimento”. (A.T. Still)

I fenomeni di infiammazione, fibrotizzazione e sclerosi tissutale, indotti dalla disfunzione, creano un’ alterazione nel “dialogo” tra i tessuti, gli organi ed i sistemi contigui e/o distanti.

“Il battito d’ali di una farfalla può causare un uragano dall’altra parte del mondo” (Edward Lorenz)

Autonomamente, il nostro organismo, crea una serie di risposte efferenti e di adattamenti periferici. Questi hanno lo scopo di mantenere l’omeostasi organica. La “famosa” capacità di auto-guarigione propria del corpo.

Quando queste risposte e questi adattamenti non sono sufficienti, si instaura nel corpo la disfunzione, che è il primo passo verso la patologia. Quindi, per disfunzione osteopatica (o lesione osteopatica),  non si intende un danno tangibile in senso medico-chirurgico. Non può essere evidenziata attraverso radiografie, tac o risonanza magnetica. La disfunzione osteopatica non è “anatomica”, concreta, non si vede ma viene percepita da una mano intelligente e da un tocco esperto.

Le caratteristiche della disfunzione somatica.disfunzione somatica

E’ possibile descrivere gli aspetti della disfunzione somatica attraverso l’osservazione e la palpazione e sono distinguibili in 4 criteri: TART.

  1. Tissue Texture abnormality: trama tessutale anormale.
  2. Asimmetry: asimmetria.
  3. Restriction of motion: restrizione di mobilità
  4. Tenderness: dolorabilità alla palpazione.

 

Generalmente gli osteopati la considerano una riduzione di mobilità, ma sarebbe più corretto definirla come una anormalità dell’ampiezza di movimento. (di un’articolazione, un muscolo, una fascia, un viscere, quasi sempre collegata a un’alterazione della qualità tissutale). Nella definizione classica è sufficiente la presenza di uno di questi elementi per parlare di disfunzione somatica. Allo stesso modo però, potrebbe anche essere definita anche come l’associazione di due o più disfunzioni che limitano la libertà di movimento del corpo.[ mobilità articolare, vaso motricità, viscero motricità, conduzione nervosa, liquor (liquido cefalo rachidiano)].

La disfunzione osteopatica viene evidenziata attraverso alcuni test di mobilità attiva e/o passiva, generali e specifici, sulle singole strutture da analizzare. A questi si aggiunge la valutazione palpatoria  dei tessuti, che serve a capire se ci sono zone fibrotiche, contratture e/o alterazioni della mobilità fasciale e/o viscerale. E’ dunque possibile, attraverso i test di mobilità e una attenta palpazione dei tessuti, evidenziare la disfunzione osteopatica primaria, ovvero il sistema che gerarchicamente presenta la disfunzione dominante.

Le conseguenze della disfunzione somatica.

Il termine disfunzione somatica non serve unicamente a definire le conseguenze locali immediate riscontrabili dopo un trauma diretto, ma racchiude le molteplici ripercussioni neurobiologiche e fisiologiche di adattamento alla sua comparsa e persistenza.

 

Una conseguenza diretta del persistere della disfunzione somatica è la creazione di uno stato di facilitazione a livello del segmento spinale corrispondente allo stadio lesionato, con un abbassamento della soglia di risposta ai messaggi sensoriali di ogni natura che pervengono a questo livello, di origine muscolo scheletrica viscerale e cutanea ( I. Korr).

 

disfunzione osteopatica Quello che risulta è una situazione di iper-eccitabilità a livello di questo segmento midollare che favorisce quindi il disturbo intorno a tutti gli elementi innervati da questo livello. Ciò favorisce quindi la comparsa di sintomi e/o persino malattie funzionali, se protratto nel tempo. A tal proposito, la legge di Hilton, riguarda la capacità del nervo, che innerva un’articolazione, di innervare sia i muscoli che muovono tale articolazione, sia la pelle che copre l’inserzione articolare di detti muscoli.

 

Classificazione delle conseguenze.

Le conseguenze meccaniche dirette sono la crezione di una zona di “maggior sensibilità”, sollecitata più di quanto permetta la loro fisiologia, e questo può dar luogo a  diverse tipologie di disfunzione.

  1. Somato-somatiche: sono coinvolte le strutture muscolo-scheletriche, che genereranno contratture muscolari o alterazioni di movimento (ipo/iper mobilità).
  2. Somato-viscerali: in cui si ha un coinvolgimento del viscere collegato a quel segmento midollare.
  3. Viscero somatiche: in questo caso, un organo sofferente, induce nella zona di innervazione una contrattura riflessa.
  4. Cortico-somatiche: in questo caso, i conflitti psicologici generano contratture muscolari con conseguente aumento del tono muscolare in assenza di qualsiasi lesione vertebrale.

Queste disfunzioni, di solito vengono classificate in:

  • Disfunzione primaria, che di solito denota un trauma diretto o una disfunzione localizzata.
  • Disfunzioni secondarie, dovute a compensazioni meccaniche, come risultato di un disturbo più lontano.

 

disfunzione osteopaticaLe cause delle disfunzioni possono essere molteplici: traumatiche, patologiche, congenite  alimentari o psicologiche. In ogni caso, tutte portano ad una modifica nella funzionalità a causa di un disadattamento strutturale e/o funzionale. Tutte le disfunzioni sono cusate dall’interazione di forze che agiscono sul nostro corpo: dirette (es. truma) o indirette (es. psicologiche, alimentari). Tra queste, la causa più comune ed evidente, di una disfunzione osteopatica è un trauma, che determina in modo diretto o indiretto, delle conseguenze: la più palese è la riduzione di mobilità delle articolazioni interessate. Se i meccanismi indotti dal trauma perpetuano nel tempo, causano la disfunzione.

Il trauma come primo evento è l’ esempio più facile da comprendere, ma in realtà le possibili cause di disfunzione somatica sono numerose e non necessariamente di natura meccanica.

Secondo il concetto osteopatico, la malattia non è altro che la manifestazione del tentativo del nostro corpo di resistere per ritornare al suo stato di benessere (omeostasi).

 

 Il trattamento della disfunzione somatica.

A.T. Still, padre dell’Osteopatia, sosteneva :” trovate la lesione primaria (disfunzione somatica), correggetela e lasciate fare alla natura”.

 

disfunzione somaticaLa disfunzione somatica è trattabile per mezzo del trattamento manipolativo osteopatico. Per trattamento manipolativo, bisogna intendere non solamente le tecniche ad alta velocità e bassa ampiezza (HLVA = High Velocity – Low Amplitude), più comunemente conosciute come “trust”, ma tutte le tecniche volte a “dialogare” con il tessuto.

 

L’osteopatia si basa sulla perfezione dell’opera della natura. Quando tutte le parti sono in ordine abbiamo la salute. Quando non lo sonio, ecco la malattia.Il fatto di riaggiustarle fa scomparire la malattio. Il lavoro dell’osteopata è di ristabilire unja situazione normale dell’organiosmo a partire da una situazione anomala. “ ( Osteopathy reserch and practice, 1910).

 

La disfunzione osteopatica indica sempre una riduzione di mobilità delle strutture corporee e viene definita nel senso della maggiore ampiezza di movimento. Questa disfunzione può alterare, nel tempo, (secondo le leggi di Still) la funzione ad essa correlata.

 

Alcuni esempi pratici. 
  1. Una disfunzione osteopatica del rachide cervicale, ad esempio perdita di mobilità delle faccette articolari tra occipite e prima vertebra cervicale, può causare disturbi a distanza come cefalea, nausea, difficoltà digestive o vertigini, per compromissione del tragitto vascolo-nervoso collegato a quel livello. (arteria vertebrale, arteria carotide, nervo vago, nervi occipitali).
  2. Un’ ernia iatale può creare scompensi sulla struttura, portando la zona cervico-dorsale in sofferenza, poiché lo stomaco ha una relazione con essa, per continuità fasciale, vascolare e nervosa.
  3. La sciatalgia, che non per forza è da collegarsi ad un’ernia o ad una protrusione sul rachide lombare. Si può convivere tranquillamente con un’ernia lombare, ma si può iniziare a soffrire nel momento in cui al danno anatomico si aggiungono altri disturbi funzionali. In questo caso, un intestino costipato, un rene siderato, una vescica ingrossata, possono far scatenare violente lombosciatalgie senza traumi o altre cause apparenti.

 

Laddove c’è perdita di mobilità l’osteopata interviene per ristabilire un equilibrio strutturale, viscerale e neuro-vascolare. Il trattamento osteopatico è mirato ad eliminare la causa primaria del disturbo.