Sindrome dello Stretto Toracico

Sindrome dello Stretto Toracico

Cos’è la Sindrome dello Stretto Toracico (TOS)?

TOS è l’acronimo di Thoracic Outlet Syndrome, ovvero: Sindrome dello Stretto Toracico, ed è una compressione del plesso brachiale e/o dei vasi sub-claveari nel loro passaggio nell’angusto spazio tra la porzione superiore del cingolo scapolare e la prima costa.

Le persone che sono maggiormente afflitte da questa problematica sono prevalentemente le donne di età compresa tra i 20 ed i 50/60 anni.

 

Sindrome dello stretto toracico
Anatomia dello Stretto Toracico

Eziologia.

L’eziologia della Sindrome dello Stretto Toracico può essere secondaria ad esempio ad anomalie congenite quali ad esempio: mega apofisi trasverse di C7 (i processi trasversi sono il punto d’unione delle lamine e dei peduncoli vertebrali e sono punti di inserzione per i muscoli e talvolta si articolano anche con le coste), una costa cervicale [generalmente le coste iniziano dalla 1° (K1), che si articola con la 1° vertebra dorsale (D1)] oppure ancora un fascio fibro-muscolare anomalo nello stretto toracico. Un’ulteriore causa potrebbe essere una fibrosi post traumatica dei muscoli scaleni, che hanno inserzioni sulla prima e sulla seconda costa (K1, K2).

 

Sintomatologia

La sintomatologia della Sindrome dello Stretto Toracico non è di facile intuizione poiché i sintomi sono spesso vaghi e variabili: ad esempio, la compressione del plesso brachiale è responsabile della maggior parte dei sintomi e può “mimare” l’incarceramento distale di un nervo, ed in particolare del nervo ulnare, che evoca sintomatologie quali parestesie al 4°e 5° raggio della mano (anulare e mignolo).  Il sintomo principale è il dolore a livello della radice del collo e dell’arto superiore presente a riposo o che si sviluppa in seguito ad attività con l’arto, in particolar modo se questa attività avviene con l’arto in elevazione.

La maggior parte dei sintomi possono essere provocati anche da rotazioni del capo o da inspirazioni profonde e talvolta il tutto può essere accompagnato da cefalea, probabilmente causata da una irritazione del nucleo discendente (o spinale) del nervo Trigemino (5° n.c.), che è presente a livello della 3°- 4° vertebra cervicale.

 

Come riconoscere i sintomi.

Le parestesie e il dolore possono estendersi dal collo, alla spalla, al braccio, all’avambraccio (porzione mediale), fino alle dita.

Per quanto riguarda invece i sintomi da compressione vascolare, questi possono includere tumefazione (gonfiore) intermittente e discromia (alterazione del colorito della pelle) del braccio.

Generalmente dolore, fatica e debolezza peggiorano quando il braccio è posto sopra la testa, poiché in questa posizione si crea una maggiore compressione sia vascolare che nervosa.

In accompagnamento a tale condizione, in pazienti affetti da Sindrome dello Stretto Toracico si possono osservare disturbi psicologici come una sindrome depressiva. Tale sindrome depressiva però non si è compreso, a livello medico, se sia il risultato di una condizione dolorosa cronica (molto probabile) o se possano invece contribuire alla causalità di tale disturbo.

 

A livello clinico è possibile distinguere due forme di Sindrome dello Stretto Toracico.
  1. Forma neurologica, nella quale si possono avere disturbi sensitivi o motori a carico del plesso brachiale come parestesie, formicolii, disestesie, crampi o spasmi muscolari, senso di pesantezza e perdita della destrezza. I disturbi possono avere una distribuzione radicolare o diffusa. Le forme radicolari possono interessare il plesso superiore (C5, C6, C7) e “simulare” una discopatia cervicale con dolore laterale al collo irradiato verso l’orecchio, il viso, la mandibola e la regione occipitale, mentre distalmente il dolore può interessare la regione del muscolo romboide, il m. pettorale e la porzione laterale del braccio. Nelle forme interessanti il plesso inferiore (C8, T1) i disturbi saranno a carico della parte mediale del braccio e le ultime due dita della mano con affaticamento e debolezza dei muscoli intrinseci della mano.
  2. Forma vascolare, in cui le manifestazioni possono essere di natura arteriosa o venosa. I sintomi venosi sono più frequenti con edema intermittente, “ingorgo” venoso dell’arto e cianosi (colorazione bluastra della pelle). Quelli arteriosi sono in genere dovuti, come indicato precedentemente, ad una costa cervicale palpabile nella fossa sovraclaveare o ad una banda fibrosa dal processo trasverso di C7 e si manifestano con pallore, raffreddamento e paresi dell’arto. L’iperattività del sistema nervoso orto-simpatico presente in questi casi può produrre il fenomeno di Raynaud e una ipersensibilità al freddo.

 

Diagnosi

Risulta difficile per la natura ambigua della sintomatologia spesso mascherata e fluttuante.  Quasi nella metà dei casi il disturbo neurologico si estrinseca per la concomitante presenza di una seconda causa di neuropatia, dando luogo alla cosiddetta “double crush syndrome” e complicando ulteriormente il quadro.

La diagnosi è comunque una diagnosi prevalentemente clinica che richiede queste valutazioni:

 

  • Nervi periferici nelle loro componenti sensitive e motorie.S
  • Sensibilità pallestesica e della discriminazione tattile epicritica.
  • Polsi periferici e di eventuali cianosi o alterazioni trofiche.
  • Test provocativi.

 

Esami diagnostici.

Il supporto strumentale alla diagnosi di Sindrome dello Stretto Toracico può arrivare dai test radiologici come una RX standard del torace e del rachide cervicale. E’ necessario valutare l’eventuale presenza di coste cervicali, megalia delle apofisi trasverse cervicali, anomalie della prima costa, pseudo-artrosi della clavicola o neoplasie ossee o polmonari. Gli studi elettromiografici sono maggiormente utili nelle forme neurologiche poiché consentono di escludere compressioni neurologiche in sedi differenti. Questi confermano con sicurezza la diagnosi quando la compressione nervosa è significativa e sono presenti segni di denervazione. Qualora non vi siano, e l’elettromiografia risulti  negativa,  la presenza della TOS (sindrome dello stretto toracico superiore) non può essere esclusa totalmente. Spesso se il danno nervoso è minimo e può non essere rilevabile elettromiograficamente.

 

I test provocativi, insieme ad un’attenta raccolta dei dati anamnestici, rappresentano la chiave di volta per corroborare un sospetto e giungere alla diagnosi finale.

 

Test di Allen

A paziente seduto, l’operatore pone l’arto superiore del paziente con la spalla in abduzione ed extrarotazione a gomito flesso di 90° e nel contempo afferra il polso del paziente per apprezzare il polso dell’arteria radiale; il paziente ruota il capo verso la spalla opposta: se durante questo movimento la pulsazione dell’arteria radiale scompare, il test può dirsi positivo per la presenza di una sindrome dello stretto toracico superiore.

 

Test di Wright

Simile al test di Allen, si esegue con l’arto superiore in massima abduzione in modo che l’avambraccio e la mano si trovino sopra la testa su un piano frontale. Il test deve essere eseguito sia in posizione seduta che supina e la posizione va mantenuta per 1 minuto. Può essere accompagnato da rotazioni del capo e dall’apnea inspiratoria. L’interruzione o la riduzione del polso radiale o la comparsa di sintomi neurologici (parestesie, ipoestesie) determinano la positività del test. Alcuni  raccomandano di eseguire il test con il gomito esteso o flesso non oltre i 45°. Tutto ciò per evitare compressioni del nervo ulnare al gomito che potrebbero dare dei falsi positivi.

 

Test di Adson

E’ il Test più conosciuto ed utilizzato per la diagnosi di sindrome dello stretto toracico superiore. Il paziente è seduto e l’operatore afferra il polso per apprezzare l’arteria radiale. Mentre il paziente ruota il capo verso l’arto esaminato, l’operatore ruota lateralmente ed estende la spalla. Al paziente viene chiesto di inspirare a fondo e trattenere un’apnea inspiratoria. L’eventuale scomparsa del polso radiale indica la possibile presenza di una sindrome dello stretto toracico superiore.

 

Manovra di Halstead

L’operatore traziona verso il basso l’arto da esaminare mentre il paziente iperestende e ruota il capo dal lato opposto. L’assenza o la riduzione del polso radiale indicano la presenza di una sindrome dello stretto toracico superiore.

 

Test della Sindrome Costo-claveare

Simile al test di Halstead. L’operatore traziona verso il basso e posteriormente l’arto superiore senza che il paziente compia ulteriori manovre con il capo. La scomparsa del polso radiale rende il test positivo.

 

Test di Roos

Il paziente in piedi abduce ed extraruota le spalle e flette i gomiti a 90°. In questa posizione apre e chiude le mani lentamente per 3 minuti. Il test è positivo per una sindrome dello stretto toracico superiore quando il paziente non è in grado di mantenere la posizione, quando insorge una ischemia ad un arto, una sensazione di grande pesantezza o formicolio durante i 3 minuti necessari a completare il test.

 

Test Provocativo di Elevazione

Al paziente viene chiesto di sollevare le mani oltre il capo e di aprire e chiudere le mani rapidamente per 15 volte. Il test è positivo quando compaiono i soliti disturbi vascolari e neurologici già descritti per i test precedenti.

 

Di tutti questi test, sicuramente il più utilizzato è il Test di Adson, ma per un’operatore è opportuno conoscere l’esistenza di altri test valutativi per poter avere delle alternative in casi particolari o per una conferma ulteriore di un altro test.

 

Possibili conseguenze.

Una compressione dello stretto toracico superiore può causare debolezza e perdita di coordinazione dell’arto superiore, cefalee croniche ed un’impossibilità ad effettuare movimenti/sforzi con il braccio sopra la testa. Problematiche correlate, anche se rare, possono essere la comparsa di ulcere su braccio e/o mano ed il fenomeno di Reynaud, così come anche una trombosi venosa o un’aneurisma dell’arteria sub-claveare. Anche se questi fenomeni sono molto rari, è sempre bene affiancare un accertamento medico.

 

Trattamento

Il trattamento nella maggior parte dei casi può essere di tipo conservativo, e dovrebbe includere una valutazione medico-diagnostica ed una valutazione posturale. Molto utile è associare un percorso chinesiologico mirato proprio al miglioramento della postura. La persona dovrebbe essere educata ad una igiene posturale e vanno sconsigliate attività fisiche vigorose o, nei primi periodi, che mettano troppo sotto stress l’arto. Anche posture poco corrette nei gesti quotidiani, come ad esempio lavare i vetri, stirare o stendere i panni sono dannose. Andrebbero inoltre insegnati esercizi specifici da eseguire quotidianamente anche a casa.  Alcuni esisti avveri del trattamento o la scarsa considerazione del problema da parte della persona interessata può portare a sindrome da dolore regionale complesso, neuroma intercostale, capsulite adesiva (spalla congelata), lesione del plesso brachiale o pneumotorace.

 

Un approccio multidisciplinare, con la collaborazione tra Fisiatra, Fisioterapista, Osteopata e Chinesiologo (Laureato in Scienze Motorie) risulterà più efficace.